La nuova normativa sulla privacy impone che, in presenza di impianti di sorveglianza, ci sia un cartello di area videosorvegliata. Nel caso in cui questo non sia esposto, o se compilato male, può comportare una sanzione da diverse migliaia di euro.
Il regolamento dell’Unione Europea, noto con la sigla GDPR – General Data Protection Regulation che si occupa del trattamento dei dati personali e della privacy, ha aggiornato le rettifiche pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea 127 del 23 maggio 2018.
Tra gli adempimenti adottati c’è l’obbligo del cartello che informa il fatto che l’area in cui ci si trova è videosorvegliata.
Secondo le norme sulla Privacy, le immagini riprese con delle telecamere o semplicemente con un videocitofono rappresentano dei dati personali sensibili. Per questa ragione anche la presenza di una sola telecamera impone l’inserimento del cartello di videosorveglianza informativo. Inoltre, è importante che questo sia completo e a norma.
La norma non stabilisce il numero di cartelli, ma specifica che devono essere facilmente visibili e individuabili. Non importa il colore o il formato, ciò che contano davvero sono le informazioni riportate sul cartello di videosorveglianza.
Il cartello equivale ad un’informativa breve sulla privacy e va posto prima che si entri all’interno della zona soggetta a riprese video. Un cartello che informa in ritardo non mette il pubblico nelle condizioni di scegliere se dare il proprio consenso oppure negarlo, vale a dire se farsi riprendere oppure evitare di mettere piede nella data area.
Un’informativa sulla privacy non tempestiva oppure poco visibile a causa del formato del cartello o per il suo posizionamento espone al rischio di segnalazioni al Garante, con conseguenti sanzioni penali.
Il cartello deve contenere:
- il nome del titolare del trattamento delle immagini (ragione sociale dell’azienda o nome del proprietario del negozio) e i suoi dati di contatto. Il titolare è colui che definisce i mezzi e le finalità dell’impianto di videosorveglianza installato.
- il nome del responsabile del trattamento delle immagini colui che riceve e visiona le immagini riprese, cioè una società esterna che funge da supporto e che tratta i dati per conto del titolare. Inoltre, se un dipendente dell’azienda titolare visiona le immagini, deve essere autorizzato tramite apposita nomina e deve ricevere una formazione adeguata.
- i principi generali relativi al trattamento dei dati e le basi su come trattare le immagini, sui loro tempi di conservazione e su come cancellarle definitivamente. Relativamente ai tempi di conservazione, il Provvedimento prevede 24 ore estendibili a 48. Ma, per alcune attività come quelle degli Istituti bancari, ad esempio, i tempi si allungano a sette giorni. Se si necessita di un prolungamento, si deve sempre interpellare il Garante della Privacy
- i fini della videosorveglianza; la normativa stabilisce che un impianto di videosorveglianza è giustificato solo quando ci sono delle ragioni importanti. Per questa ragione la segnaletica deve riportare quali sono le motivazioni per cui si effettua una registrazione.
Le sanzioni amministrative per chi non rispetta questo tipo di normativa sono molto pesanti e vanno dai 2.500 euro circa fino ai 36.000 euro.
Il trattamento dei dati personali, secondo la nuova legge sulla privacy, si basa sui principi di liceità, correttezza e trasparenza. Questo significa che un cartello di videosorveglianza finto non è ammesso dalla legge. Contravvenire a questo punto comporta un rischio di una multa molto salata.
I cartelli utilizzati fino a qualche anno fa sono aboliti e non possono più essere riutilizzati. Non essendoci infatti uno spazio dedicato alla definizione del titolare della privacy e al fine delle riprese, il cartello di videosorveglianza non è a norma.